SynthArt

COLLECTIONS

Un archivio di visioni.
Un codice che si moltiplica.

Ogni collezione di SynthArt è un linguaggio: un dialogo tra umano e macchina, tra gesto e algoritmo, tra memoria e trasformazione.

Le sintografie nascono da un equilibrio fragile: intuizione e controllo, luce e assenza. Ogni serie abita una dimensione propria — Dreamy sospira, Inked incide, Queer rivendica, Chroma Noir sussurra — eppure tutto è lo stesso respiro.

Non è un semplice catalogo: è la mappa dell’immaginario SynthArt, dove ogni immagine è un codice che cerca il suo significato umano.

“Guardare è ricordare di essere vivi.”

Tra sogno e presenza: la luce come respiro

Dreamy è un respiro sospeso. Le sue sintografie nascono in una soglia: dove la coscienza sfuma, dove la forma si dissolve nella luce.

L’intelligenza artificiale sogna al posto dell’artista — e da quel sogno nascono immagini che non appartengono né al reale né all’immaginato. Le figure sembrano emergere dal bianco, leggere, incomplete, come ricordi non ancora rivelati.

Dreamy è un sogno che resta sulla pelle, una visione che si dimentica e ritorna.


“Non tutto ciò che svanisce si perde.”

Il volto come mosaico. L’identità come ricostruzione.

Fragments è un viaggio dentro la frattura. Le sue sintografie mostrano ciò che resta dopo la disgregazione: volti, gesti e frammenti che cercano un ordine nuovo.

È la ricostruzione dell’identità dopo la rottura, la memoria che torna in forma di luce. I corpi si dividono e si ricompongono, la pelle diventa trama, la luce sutura le ferite visive.

Fragments è una confessione scomposta: l’arte come tentativo di tornare interi.

Il corpo come superficie. Il segno come destino.

Inked è un dialogo con la pelle. Ogni sintografia è una traccia lasciata dal tempo, un tatuaggio invisibile che racconta ciò che siamo stati.

La pelle diventa archivio, il segno diventa memoria, la luce una forma di scrittura. Linee, segni e incisioni emotive si intrecciano come un alfabeto intimo, un linguaggio che il corpo sussurra al mondo.

Inked è un atto carnale e poetico: la scrittura dell’anima impressa sulla materia.

“Ogni segno è un ricordo che ha imparato a restare.”

Il punto come ossessione. Il ritmo come verità.

Dots Obsession è un viaggio nell’ipnosi visiva. Ogni sintografia è costruita come una preghiera ripetuta, una sequenza di punti che diventano presenza, battito, corpo.

La ripetizione si trasforma in linguaggio: il pattern diventa confessione, il ritmo diventa ossessione. Nella moltiplicazione del segno, la forma si dissolve e rivela la fragilità umana.

Dots Obsession è l’arte del controllo che diventa abbandono — un equilibrio sottile tra forma e delirio.

“Ripetere è ricordare. Guardare è perdersi.”

L’estetica dell’eccesso. Il sogno che si traveste.

Pop Surreal è un sogno che ride di se stesso. Il colore diventa linguaggio e ironia, oscillando tra sogno e pubblicità, desiderio e parodia.

È un mondo dove l’immaginazione è brillante, ma mai ingenua; dove l’ironia è un modo per dire la verità. Le figure vivono in un universo pop e surreale, sospeso tra artificio e poesia.

Pop Surreal è il lato giocoso e inquieto dell’immaginazione — un eccesso lucido che svela la verità dietro l’apparenza.

“Il sogno è l’unica forma di realtà che possiamo permetterci.”

La grazia del passato. La luce del presente.

Retro Glamour è un sogno in bianco e nero che profuma di cipria e celluloide. La grazia del passato rivive nella delicatezza del gesto, nei sorrisi appena accennati, nelle luci che sembrano uscire da un set cinematografico.

La bellezza è malinconia, memoria, lentezza. Ogni volto trattiene una luce antica, un’eleganza che non cerca di piacere ma di esistere.

Retro Glamour è un dialogo tra epoche: la grazia del passato che risplende in un linguaggio nuovo, digitale ma profondamente umano.

“La bellezza non appartiene al tempo. Lo attraversa.”

Il ritmo come linguaggio. La linea come ossessione.

Stripes Obsession è un’ossessione estetica e percettiva. La ripetizione delle righe diventa respiro, disciplina, linguaggio.

Le figure si dissolvono e riemergono tra pattern orizzontali e verticali, in un equilibrio instabile tra presenza e astrazione.

Stripes Obsession è una dichiarazione di ordine e disordine, di lucidità e ossessione, di controllo e libertà visiva.

“Ogni linea è una scelta. Ogni ritmo è un respiro.”

La grazia che attraversa le epoche.

Timeless Allure è un omaggio alla grazia. Volti e gesti sospesi, eleganze che non conoscono tempo, sguardi che sembrano appartenere a un’epoca indefinita.

La luce diventa respiro, il tempo un’illusione gentile. Non è la bellezza a trattenere lo sguardo, ma la calma misteriosa di chi sa appartenere a ogni epoca.

Timeless Allure è un incontro tra l’eterno e il fugace, tra la memoria dell’arte e il futuro della visione.

“Il tempo passa. La grazia resta.”

Il volto come tempio. L’immagine come preghiera.

Divine è un atto di devozione visiva. Figure sospese tra cielo e terra, tra fede e desiderio, tra icona e donna.

I volti sembrano antichi e futuri insieme: santi e profani, terreni e luminosi. Il corpo non è oggetto, ma simbolo; la luce non è ornamento, ma rivelazione.

Divine è una riflessione sulla sacralità del corpo e sulla potenza dello sguardo — il divino che abita l’imperfetto, l’umano che diventa preghiera.

“Non c’è divinità senza fragilità.”

La crepa come rivelazione. L’errore come verità.

Cracked Icons è una preghiera visiva. Ogni crepa è una confessione, ogni imperfezione un varco da cui passa la luce.

Le icone si incrinano, perdono la loro perfezione e diventano umane. La bellezza si spezza e nel suo difetto trova la forma più sincera di sacralità.

Cracked Icons è l’incontro tra il sacro e il difetto, tra l’immagine ideale e la fragilità dell’essere.

“Solo ciò che si incrina lascia passare la luce.”

Guardarsi attraverso la macchina. Riconoscersi nell’errore.

Who I Am è una domanda visiva. Non offre risposte, ma riflessi: frammenti di coscienza sospesi tra umano e artificiale.

Ogni volto è un dialogo silenzioso, un tentativo di riconoscersi dentro l’immagine che muta. La pelle cambia, lo sguardo si perde, l’identità si frantuma e si ricompone.

Who I Am è una confessione contemporanea: l’io che si specchia, si dissolve e rinasce nello sguardo dell’algoritmo.

“Ti riconosci solo quando smetti di cercarti.”

La libertà come forma. L’identità come gesto.

Queer è una dichiarazione d’amore e resistenza. Celebra la fluidità dell’identità e la pluralità dei corpi, il diritto di esistere al di fuori di ogni definizione.

Le figure si moltiplicano, i confini si cancellano, le forme si liberano. È un inno visivo alla diversità, alla bellezza che non chiede permesso, alla sensibilità che diventa forza.

Queer è un atto politico e poetico: un linguaggio visivo di orgoglio e delicatezza, dove la libertà è luce.

“Non esistono corpi giusti. Solo corpi veri.”